Più che uno stile, una vera e propria subcultura. Perché quando si parla di HIPSTER si delinea oramai una figura con dei gusti ben precisi non solo in fatto di abbigliamento: il movimento spazia dalla letteratura al cibo, passando naturalmente per la musica e il cinema, il tutto rigorosamente in salsa retrò e anticonformista.
I membri di questa corrente solitamente non descrivono se stessi usando il termine HIPSTER, sia per una tendenza generale a ripudiare ogni etichetta, sia perché l’aggettivo diviene spesso un dispregiativo da parte di chi considera questi patiti dell’anti-mainstream degli altezzosi e saccenti snob neo-bohemien.
Dal jazz agli anni duemila: origini di una cultura controcorrente
L’origine del termine HIPSTER risale agli anni venti, durante “l’età del jazz” e deriva da hip: aggettivo utilizzato per indicare gli amanti di questo genere nascente. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la scena letteraria beat, ancora agli albori, si sviluppò proprio attorno a questa sottocultura tipicamente urbana. Il termine riapparirà negli anni novanta per spopolare di nuovo durante il secondo decennio del 2000. Oggi HIPSTER «è sinonimo di uno stile di vita minuziosamente creato a tavolino ma studiato per far credere che non lo sia (Sonia Grispo)».
Cinefilo, tecnologico e attento all’ambiente: manuale del brav* hipster
L’ HIPSTER snobba sdegnato tutto ciò che è espressione della cultura mainstream e rifiuta qualunque tipo di etichetta: non è difficile però “stanarlo” grazie al suo aspetto allo stesso tempo stereotipato e ricercato: la barba incolta o i baffi (o, spesso, entrambi) per i ragazzi, la frangetta alla Amélie Poulain per le ragazze, skinny jeans e occhiali da nerd (non importa se si ha una vista perfetta) dalle lenti grandi, tondeggianti e dalla montatura nera e spessa per entrambi. Inseparabili gli accessori tecnologici della Apple (ricordate? “Think different.” …) e la bici, perché l’hipster, tra un romanzo di Kerouac e un film di Godard, si preoccupa dell’ambiente: è tendenzialmente vegetariano e sensibile alla filosofia del biologico e del chilometro zero. Ai cd (di musica indie) preferisce i vinili ed esce di rado senza l’inseparabile macchina fotografica.
I capi must del perfetto hipster
Nel guardaroba di un HIPSTER non possono mancare i sopracitati skinny: pantaloni aderentissimi sia per lui che per lei, spesso con risvolto alla caviglia. Maglioni di lana con scollo a V e cardigan oversize rubati alla nonna, t-shirt di gruppi rock storici o che riportano citazioni di film indipendenti, camicie a quadri da boscaiolo (che ricordano tanto lo stile dei Nirvana nel pieno degli anni ‘90) o a righe orizzontali. Per le ragazze è d’obbligo l’abitino estivo a fiori sopra il ginocchio. Accessori unisex sono: sciarpe (lunghissime) e berretti di lana. Completano l’outfit del perfetto hipster il parka vintage, bretelle, cinture, occhiali, ballerine o stringate classiche all’inglese per le donne e scarpe in tela o anfibi (meglio se cruelity free) per gli uomini.
Alcuni brand della (non)moda Hipster
Nonostante gli HIPSTER tendano a storcere il naso davanti ai brand e alla moda in generale, preferendo di granlunga il sottobosco vintage e tutto ciò che si può acquistare nelle botteghe dell’usato più radical chic in circolazione, non disdegnano alcuni marchi come: American Apparel, H&M, ASOS, CobraSnake e Urban Outfitters, Threadless. Per le scarpe da ginnastica l’hipster sceglie di solito le Classic Reebok, ma porta volentieri ai piedi le Converse, le Keds, le Clarks o le Doc Marten’s. Le borse Freitag sono un’altro accessorio caro agli esponenti del genere. Per gli immancabili occhiali la scelta ricade sui Rayban, Wayfarer, Clubmaster, Persol; ma, anche in questo caso, nulla può battere lo stile impeccabile dell’occhiale vintage originale anni 70 di qualche marca sconosciuta ai più.